Avvocato Valentina Ruggiero

Il 25 novembre per chiedere ancora una volta rispetto. La violenza riflette lo stato della società

Valentina Ruggiero, una vita con Telefono Rosa e la scrittrice Daria Colombo, in famiglia il primo buon esempio per cambiare

Violenza sulle donne e battaglia per la parità di genere: se ne parla il 25 novembre, giornata internazionale, ma il tema è d’attualità sempre, un’urgenza che non passa visti i tanti troppi casi di femminicidio. Ne parliamo con Valentina Ruggiero, esperta a livello nazionale nel diritto di famiglia, minorile e successorio, ex Presidente dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia – sezione romana e avvocato del “Telefono Rosa” e con Daria Colombo, art director e giornalista, tra le ideatrici del movimento dei Girotondi, moglie di Roberto Vecchioni, autrice di “Alla nostra età, con la nostra bellezza”, in cui esplora di nuovo il mondo femminile dopo il successo del romanzo d’esordio “Meglio dirselo “ (Rizzoli), vincitore del Premio Bagutta Opera Prima.

1) Un recente sondaggio evidenzia con sorpresa che per tanti giovani la violenza domestica sulle donne è un fatto privato cosa ne pensate?

Valentina Ruggiero: Rispetto alla generazione degli anni 60 che ha altamente contributo alla nascita del femminismo, i giovani di oggi, tra i 14 e i 22 – 23 anni, hanno un atteggiamento più violento e prepotente nella gestione delle relazioni umane, sociali, lavorative perché è mutata la società che, per fronteggiare la precarietà, impone atteggiamenti tracotanti e questo retaggio si riflette anche nel rapporto con il genere femminile.
La rottamazione è un elemento culturale che ha indotto nei giovani l’assunzione di un atteggiamento aggressivo anche nel mondo lavorativo e l’esperienza degli adulti, spesso, diventa ininfluente. Il dato è allarmante perché denota che il nuovo assetto sociale genera aggressività e violenza che si ripercuote anche all’interno delle mura domestiche e del rapporto di coppia: tutto lo stress accumulato si manifesta all’interno del nucleo familiare.

Daria Colombo: In questo periodo sto girando molto l’Italia per promuovere il mio libro e devo dire che qualcosa ho percepito, non mi aspettavo dei dati così alti soprattutto in relazione all’atteggiamento delle nuove generazioni, ma che la mentalità resti ancora molto arretrata questo si.

2) Cosa si può fare in famiglia per educare le nuove generazioni?

Valentina Ruggiero: Ci vuole il rispetto verso le persone, bisogna educare i figli ai valori universali: il rispetto per la persona più debole, per il partner, per i figli e, soprattutto, per le scelte individuali. E’ come se in questo senso ci fosse stata un’involuzione ed un ridimensionata dell’autonomia delle scelte del soggetto anche nel rapporto di coppia.

Daria Colombo: Poche chiacchiere e buon esempio, l’insegnamento principale è il rispetto.

3) Quali sono gli errori più comuni nell’educazione dei figli su questo argomento?

Valentina Ruggiero: Il rapporto nei confronti dei figli è sbagliato, forse avvertiamo tutti sensi di colpa perché la crisi economica ci fa stare fuori casa molto tempo con la conseguenza di accondiscendere alle loro pretese. Oggi non esiste più differenza tra genitore e figlio, il rapporto è molto livellato e ciò ingenera una mancanza di rispetto nei confronti delle figure di riferimento (l’insegnate, la persona più adulta, il genitore). Bisogna preservare la distinzione tra la figura genitoriale e quella amicale: non si è pari, ognuno deve interpretare il proprio ruolo perché altrimenti si rischia di trasmettere principi sbagliati. Oggi si assiste al dilagare della violenza in famiglia, quando il minore non riesce ad ottenere qualcosa si scontra in modo violento con il genitore. Noi avvocati, trattiamo molti casi in tribunale e sono quelli più complessi perché agire contro un figlio è più complicato che farlo con un coniuge.

Daria Colombo: Io per prima avverto una responsabilità e mi sento parte in causa, la nostra generazione non si è ancora liberata dall’educazione ricevuta dalle proprie madri, iperprotettive verso i figli maschi. Ci sembrano sempre più deboli, più indifesi invece è bene insegnargli da piccoli che uomini e donne devono avere le stesse opportunità

4) A Valentina Ruggiero: la sua esperienza di avvocatessa del “Telefono Rosa”, realtà da sempre attiva nella prevenzione e nelle battaglie contro la violenza sulle donne, le ha fatto percepire un cambiamento reale, al di là della sensibilizzazione sul tema? L’azione del Telefono Rosa ha sicuramente contribuito ad aumentare la circolazione dell’informazione sulla violenza domestica che non è più tabù, ma come ha realmente inciso sul piano legislativo, ci sono fatti che hanno costituito realmente una svolta?

Io sono stata avvocato di Telefono Rosa, adesso sono una familiarista, ho trattato e continuo a trattare, quotidianamente, anche casi di violenza sulle donne. Noi avvocati che ci siamo impegnati contro la violenza di genere abbiamo raggiunto risultati molto importanti dal 90’ ad oggi, impensabili allora, come ad esempio la legge sull’allontanamento del soggetto violento. Siamo riusciti a portare alla Camera e al Senato un progetto di legge che ha permesso di allontanare, in modo immediato, il soggetto violento dal nucleo familiare, con una semplice denuncia allegata al referto medico, dando la possibilità sia al giudice sia civile che penale di usare uno strumento legislativo efficace, tutto ciò prima non esisteva ed era difficile far uscire dal domicilio coniugale il soggetto violento. Questo è stato un passo fondamentale contro la violenza, cui ha fatto seguito la legge sullo stalking che, ad oggi, è l’unico deterrente per i soggetti violenti e aggressivi. Vi è stata, inoltre, una presa di coscienza dell’aggressività e della violenza che ha condotto molte delle donne che la subiscono a rivolgersi ad una struttura, ad un avvocato o alla procura per denunciare. Tra le altre cose, gli avvocati si sono specializzati nella materia, ci sono le sezioni dedicate al diritto di famiglia, inoltre, all’interno delle autorità di pubblica sicurezza ci sono delle professioniste donne, specializzate nei reati sessuali violenti. I commissariati oggi sono collegati con le donne che subiscono violenza e, spesso, sono proprio loro a contattare le case famiglia per collocare le donne, sono costrette ad abbandonare il domicilio. Indico l’esempio di una signora che, dopo essere stata presa a martellate, si è rivolta al commissariato di zona. Gli incaricati di tale commissariato, in collaborazione con il suo avvocato, le hanno consigliato di recarsi presso una determinata casa di accoglienza, dando alla vittima la possibilità di allontanarsi dal tetto coniugale senza aspettare la procedura di allontanamento del soggetto violento.

– In base alla sua esperienza professionale da ex Presidente dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia della sezione romana e avvocato del “Telefono Rosa” esiste un modello specifico italiano o la questione della violenza è trasversale all’appartenenza geografica?

Oggi, forse, i protagonisti di molti casi che tratto sono soggetti avanzati, categorie di professionisti che all’interno delle mura domestiche perpetrano violenza sui propri familiari. Non è semplice rispondere a questa domanda, dovremmo avere delle statistiche e non posso basarmi su ipotesi. Posso invece testimoniare ciò che sperimento nell’esercizio della mia professione e registro che, al contrario di quanto si possa comunemente pensare, c’è un incremento della pratica violenta nelle famiglie più agiate perché spesso la violenza è anche la conseguenza dell’uso di sostanze che alterano lo stato di coscienza.

4) A Daria Colombo: ha dedicato il suo romanzo “Alla nostra età, con la nostra bellezza” alla forza e al coraggio delle donne, in base alla sua esperienza di scrittrice e attivista nelle battaglie contro la violenza e per la parità di genere, c’è uno specifico italiano? Alcuni Paesi sono culturalmente più arretrati di altri, anni e anni di consuetudini e idee sbagliate non si cancellano in poco tempo. Vorrei porre l’attenzione su un altro aspetto che è quello della violenza psicologica, diffusissima e verso la quale non si fa nulla: la paura verso il partner può condizionarti la vita anche se non ti ha mai sfiorato con un dito. Proprio come avviene ad una delle protagoniste del mio romanzo, Annalisa (Lisa) che subisce l’atteggiamento cinico e anaffettivo del marito, inizialmente in modo solitario tanto da dire: “Forse sarebbe stato facile se avessi avuto qualcuno con cui confidarmi, ma dato che tutta la mia giornata ruotava solo intorno a mio marito, in attesa che lui rientrasse a casa la sera ogni tanto avevo semplicemente voglia di parlare…”. La condivisione del proprio vissuto è un aspetto fondamentale della questione e proprio la solidarietà tra le donne può essere un buon antidoto per “uscire” dall’isolamento.

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